Cambiamento climatico

Gli eventi meteo improvvisi e violenti non sono un caso

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Erano le 16:00 di pomeriggio quando il cielo si è oscurato e tutto ha iniziato ad essere scuro. Si è alzato un vento fortissimo, pioggia torrenziale, e hanno iniziato a volare oggetti. Sembrava quasi una tromba d’aria. Ed io ero chiusa in casa, non all’aperto. So che sono caduti alberi. Un albero ha colpito un’automobile. Per fortuna, vuota. Alcuni porti sono stati distrutti. Alcune persone sono morte. Quello che spaventa di questi fenomeni è la violenza con cui si manifestano e la rapidità con cui prendono piede, per cui non si fa in tempo né a spostarsi né a capire cosa accade. E che ci piaccia o no, la presenza di fenomeni metereologici improvvisi e violenti è collegata al cambiamento climatico. E’ conseguenza del cambiamento climatico. La situazione negli ultimi anni si sta progressivamente aggravando, per cui misure collettive di riduzione del surriscaldamento globale del pianeta sono necessarie e urgenti. Non si tratta più solo di normali piogge, sono fenomeni sempre più gravi e pericolosi. 

“L’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.
L’IPCC è stato istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization (WMO) e dallo United Nations Environment Programme (UNEP) allo scopo di fornire al mondo una visione chiara e scientificamente fondata dello stato attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socio-economici. Nello stesso anno, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha avallato l’azione di WMO e UNEP, istituendo l’IPCC” (fonte: sito IPCC – clicca qui)

Il recente rapporto IPCC del 2018 afferma che “limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede cambiamenti rapidi, lungimiranti e senza precedenti in tutti gli aspetti della società” e che “limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto a 2°C, potrebbe andare di pari passo con il raggiungimento di una società più sostenibile ed equa”. Si parla di riferimenti scientifici, di dati validi e che parlano chiaro, non di fantasia. 

“Con le citazioni di oltre 6.000 riferimenti scientifici e il contributo di migliaia di esperti e di revisioni da parte dei governi di tutto il mondo, questo importante rapporto è una testimonianza della portata e della rilevanza politica dell’IPCC”, ha affermato Hoesung Lee, Presidente dell’IPCC.

“Uno dei messaggi chiave che emerge con molta forza da questo rapporto è che stiamo già vedendo le conseguenze di un riscaldamento globale di 1°C quali, tra gli altri, l’aumento di eventi meteo estremi, l’innalzamento del livello del mare, la diminuzione del ghiaccio marino in Artico”, ha detto Panmao Zhai, Co-Presidente del Working Group dell’IPCC. Il rapporto mette in evidenza un numero di impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero essere evitati limitando il riscaldamento globale a 1,5°C anziché 2°C o più.

“Le emissioni di CO2 nette globali prodotte dall’attività umana dovrebbero diminuire di circa il 45% rispetto i livelli del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo zero intorno al 2050. Questo vuol dire che ogni emissione rimanente dovrebbe essere bilanciata dalla rimozione di CO2dall’atmosfera.

Il rapporto mette in evidenza un numero di impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero essere evitati limitando il riscaldamento globale a 1,5°C anziché 2°C o più. Per esempio, entro il 2100 l’innalzamento del livello del mare su scala globale sarebbe più basso di 10 cm con un riscaldamento globale di 1,5°C rispetto a 2°C. La probabilità che il Mar Glaciale Artico rimanga in estate senza ghiaccio marino sarebbe una in un secolo con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre sarebbe di almeno una ogni decennio con un riscaldamento globale di 2°C. Le barriere coralline diminuirebbero del 70-90% con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre con 2°C se ne perderebbero praticamente tutte (99%).”
“Ogni piccola quantità di riscaldamento in più ha importanza, specialmente per il fatto che un riscaldamento di 1,5°C o oltre aumenta il rischio associato a cambiamenti di lunga durata o irreversibili, come ad esempio la perdita di alcuni ecosistemi”, ha affermato Hans-Otto Pörtner,
Co-Presidente del Working Group II dell’IPCC. (fonte: sito IPCC – comunicato stampa – clicca qui )

Cosa vogliamo fare dunque? Stare a lamentarci continuamente del tempo brutto oppure cercare di agire, ognuno nel suo piccolo, per ridurre le proprie emissioni in atmosfera? 

Il clima sta cambiando, e quello che stiamo vivendo è già l’effetto visibile di questo cambiamento. Possiamo ancora contenere le conseguenze, ma se continuiamo così sarà sempre peggio… 

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